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MONDIALE, PRIMA GUERRA
(1914-1918). Conflitto combattuto fra tutte le grandi potenze soprattutto sul territorio europeo e dell'impero ottomano.

LE GRANDI POTENZE MILITARISTE E IMPERIALISTE.
Nei primi anni del XX secolo si erano affermati, in tutta Europa, due importanti fenomeni: l'imperialismo, che aveva alimentato continue crisi tra le grandi potenze diplomatico-politiche in Africa e nei Balcani; e il militarismo, che riteneva la forza come la suprema regolatrice di quei conflitti. Imperialismo e militarismo non erano diffusi solo presso gli stati burocratico-militari (Germania, Austria, Russia), ma anche nelle democrazie parlamentari, per quanto Francia e Gran Bretagna, titolari dei due maggiori imperi coloniali, fossero obiettivamente meno attratte da una rottura violenta dell'equilibrio internazionale. Il quadro delle alleanze, alla vigilia del 1914, vedeva schierate con patti bilaterali Russia, Francia e Gran Bretagna (vedi Intesa) contro Germania e Austria. L'Italia, formalmente vincolata a queste ultime dalla Triplice alleanza (1882), aveva tuttavia solide relazioni con le liberaldemocrazie occidentali, rafforzate dalle pressioni di una forte opinione pubblica interna d'intonazione irredentista. Ideologie belliciste, nazionalismi esasperati, propaganda imperialistica, riarmo generalizzato, spinte del grande capitale finanziario cooperarono, dunque, a far precipitare i rapporti fra le principali potenze. La scintilla occasionale che accese il conflitto fu l'assassinio dell'arciduca d'Austria Francesco Ferdinando, fautore di una politica imperiale aggressiva nei Balcani, da parte di un nazionalista serbo a Sarajevo, in Bosnia (28 giugno 1914). L'ultimatum e poi l'attacco austriaco alla Serbia (23-28 luglio), fecero scattare una catena inarrestabile di garanzie: il 30, la Russia mobilitò in difesa della Serbia, inducendo la Germania a mobilitare a sua volta e a dichiararle guerra (1° agosto), estesa poi alla Francia (3 agosto), mentre la Gran Bretagna, il 4, interveniva nel conflitto per la violazione della neutralità belga da parte dei tedeschi. I partiti aderenti all'Internazionale socialista assecondarono quasi ovunque le tendenze nazionalistiche affermatesi nei rispettivi paesi, decretando il precoce tramonto di una solidarietà proletaria ritenuta indistruttibile. Gli imperi centrali potevano contare sulle risorse dell'Europa continentale, mentre le potenze coloniali erano maggiormente preparate a una guerra di logoramento, grazie ai rifornimenti degli immensi possedimenti africani e asiatici. Inoltre potevano bloccare il flusso degli scambi via mare attraverso un ferreo "blocco" navale.

GUERRA DI MOVIMENTO E GUERRA DI POSIZIONE. La Germania, che riteneva di poter concludere la guerra in pochi mesi, inferse subito un duro colpo alla Francia, applicando il piano Schlieffen, che prevedeva l'invasione del paese attraverso il Belgio. Comandati dal generale von Moltke, i tedeschi furono tuttavia fermati sulla Marna (settembre 1914) dalle truppe di Joffre. Sul fronte orientale, i russi, avanzati in Prussia orientale, subirono due pesanti sconfitte a opera dei generali Hindenburg e Ludendorff nelle battaglie di Tannenberg e dei laghi Masuri (settembre-ottobre), mentre riuscirono a penetrare con facilità in Galizia. Nel frattempo (29 ottobre-1° novembre), la Turchia si schierava con Germania e Austria-Ungheria, costringendo l'Intesa a una sfortunata incursione nella penisola di Gallipoli (febbraio 1915). Sul fronte occidentale, la Germania cercò allora di tagliar fuori l'esercito inglese dal conflitto, puntando al controllo dello stretto di Dover, ma feroci scontri nelle Fiandre, in particolare a Ypres (ottobre-novembre 1914), fecero fallire il tentativo. L'intervento (vedi interventismo) in guerra dell'Italia (24 maggio 1915) a fianco dell'Intesa, rompendo la Triplice sulla base del patto di Londra, impegnò l'Austria su di un secondo fronte: fra la primavera e il dicembre, ben quattro offensive sull'Isonzo, guidate dal generale Cadorna, s'infransero tuttavia contro le difese nemiche. Dopo una breve fase di movimento, la guerra era divenuta di posizione, di logoramento. Chilometri di trincee si snodavano in Francia, nella pianura polacca e russa e tra le montagne venete, friulane e giuliane. Joffre cercò inutilmente di forzare lo schieramento tedesco nella Champagne, mentre nei Balcani, grazie all'alleanza della Bulgaria con gli imperi centrali, la Serbia finì per capitolare. Il 1916 fu inaugurato dalla grande spallata del generale tedesco Falkenhayn a Verdun (febbraio-giugno), per fronteggiare la quale gli alleati furono indotti a un imponente diversivo sulla Somme (estate). Le due battaglie si conclusero in un'immane carneficina: i soli attacchi nella zona di Verdun costarono 600.000 vite. Il 15 maggio, il generale austriaco Conrad avviava la Strafexpedition (spedizione punitiva) contro l'Italia, che fu contenuta grazie all'improvvisa e fortunata offensiva del generale russo Brussilov nei Carpazi meridionali. In agosto, la Romania aderiva all'Intesa; sempre in estate, gli italiani conquistavano Gorizia. Mentre le colonie tedesche erano cadute quasi subito nelle mani delle potenze occidentali, coadiuvate dal Giappone, la flotta tedesca, che pure aveva riportato una vittoria tattica sugli inglesi allo Jütland (31 maggio 1916), fu tuttavia costretta a rientrare nelle basi baltiche. I costi colossali della guerra, soprattutto in termini di vite umane, crearono, nel 1917, un vasto movimento pacifista, al quale aderirono alcuni partiti socialisti, il Vaticano e larghi strati popolari, che inscenarono manifestazioni in tutta Europa.

IL CROLLO DELLA VECCHIA EUROPA. Anche al fronte il vento del disfattismo parve contaminare i reparti, portando a veri e propri ammutinamenti, repressi duramente con la decimazione. Nell'aprile 1917, reagendo alla guerra sottomarina scatenata dalla Germania contro i convogli dei paesi alleati e neutrali, gli Usa entrarono nel conflitto, mentre in Russia, in seguito alla rivoluzione di febbraio (1917), il fronte cedeva di schianto, costringendo in pochi mesi il governo di Pietrogrado alla resa (pace di Brest-Litovsk, 3 marzo 1918). Un'offensiva austro-tedesca, avviata a Caporetto il 24 ottobre 1917, metteva in ginocchio le armate italiane, indotte a una rotta precipitosa fino al Piave. Solo dopo una grande offensiva nella Champagne e in Piccardia (marzo-luglio 1918), respinta da francesi, inglesi e americani sotto il comando di Foch, i tedeschi subirono ad Amiens (8-11 agosto) la loro prima, pesante sconfitta. Guglielmo II cominciò allora a pensare alla pace. Nel frattempo, la Turchia subiva in medio Oriente l'iniziativa degli inglesi e dei loro alleati arabi, mentre l'emergere d'incontenibili spinte nazionaliste decretava la dissoluzione dell'Austria-Ungheria, accelerata dalla vittoriosa offensiva italiana di Vittorio Veneto (24 ottobre 1918), diretta dal generale Diaz. L'8 novembre, a Monaco di Baviera, un'insurrezione operaia proclamava la repubblica; il 9 lo stesso accadeva a Berlino; fra il 9 e il 10 Guglielmo II fuggiva in Olanda; l'11 novembre 1918, una delegazione tedesca firmava l'armistizio a Rethondes. Il 3, l'Austria si era arresa all'Italia; l'11 novembre, Carlo I d'Asburgo (succeduto a Francesco Giuseppe nel 1916) abdicava aprendo la via alla costituzione di nuovi stati nazionali. L'Austria diveniva una repubblica. La guerra, che aveva coinvolto ventisette paesi, era costata complessivamente quasi dieci milioni di morti; intere regioni erano state distrutte, soprattutto in Francia; risorse immense erano state bruciate in quattro anni di lotte, lasciando uno strascico di odi e di rivalità nazionali che la conferenza di pace di Parigi, riunita a Versailles il 18 gennaio 1919, non fu in grado di moderare.

R. Balzani


B.H. Liddell Hart, La Prima guerra mondiale 1914-1918, Rizzoli, Milano 1968; P. Melograni, Storia politica della grande guerra 1915-1918, Laterza, Bari 1972; P. Fussel, La grande guerra e la memoria moderna, Il Mulino, Bologna 1984; M. Isnenghi, Le guerre degli italiani. Parole, immagini, ricordi 1848-1945, Mondadori, Milano 1989.
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